lunedì 21 settembre 2009

Arancione e dintorni

Ho bisogno di uno bravo, ma bravo veramente.
Fino a venerdì non volevo fare più servizio per un po', non me la sentivo, mi dispiaceva, ma mi sembrava più forte di me, di non riuscire ad affrontarlo. Alcune persone con cui ne ho parlato hanno cercato di essere comprensive, qualcuno ha semplicemente detto "non c'è motivo per cui tu non voglia o non possa farlo, per cui per me devi solo farlo e caso mai smonti prima...ma non voglio dire niente che tanto sbaglio"..beh suonava un po' così. Sabato davanti alla prospettiva di montare per un attimo mi sono tirata indietro, nascondendomi dietro scuse e, sempre lui, ha commentato "aaahhh anche qui? ricominciamo?". Ho sellato Brian e sono stata felice di averlo fatto, quindi domenica mattina mi sono messa la mia bella divisa ed ho affrontato le 12 ore che mi si stagliavano davanti. Nel tragitto mi sono cullata nell'idea di non essere di 118 il mattino e magari poter così affrontare la giornata con calma. Beh col cazzo.
Mancavano persone per cui il primo S.u.e.m. in partenza è stato mio e la giornata si è rivelata una di quelle in cui non ti fermi mai. Mentre stai entrando in Pronto Soccorso ti chiamano per dirti di muoverti che hai servizi pendenti e tu, al terzo di fila, pensi "ma porco cazzo, non saremo mica l'unico S.U.E.M.??" e no in effetti, sono tutti in quella condizione. La mattina passa in un lampo tra un dolore addominale, un malore ed un incidente, io salto dal S.u.e.m. 1 al 2 e di nuovo all'1.
Finchè salta fuori una culla da fare (si tratta del trasposto di neonati con gravi complicanze o prematuri da trasferire dagli ospedali di provincia ai centri specializzati di Padova o Treviso) ed io non ne avevo mai fatta una. We Wo We gioco delle tre carte mi trovo sostituita in S.u.e.m. ed imbarcata per al culla. L'equipe era composta da un'infermiera dall'aria simpatica ed efficiente ed una dottoressa dall'aria...come dire.."Salvo bambini per vivere". Si muovono con una barella con sopra un'incubatrice ed una serie di attrezzature che rendono quel trabicolo un'unità mobile di rianimazione per neonati. Noi siamo lì di contorno, siamo lì per attaccare spine se ce lo chiedono e per fornire una dotazione doppia di tutto quello che loro già si portano dietro.
Quando arriviamo per prelevare la piccola paziente e vedo al di là del vetro un minuscolo braccino agitarsi dentro la culla termica mi chiedo seriamente che cavolo ci faccio qui.
La bimba ha due giorni ed un pneumotorace, la dottoressa la stabilizza per il trasporto, l'infermiera infila cose minuscole nella bimba e ti rendi conto che questi fanno medicina in miniatura. Il fonendo, gli occhialini dell'ossigeno, gli accessi venosi..tutto minuscolo. Ma lei non è una miniatura, è un piccola creatura che vuole vivere, che si aggrappa con le unghie e con i denti, una creatura che ha fuori dalla porta due giovanissimi ed ansiosissimi genitori che cercano di avere un contegno dignitoso, che cercando di non far vedere quanto sono terrorizzati. Quando tutto è pronto ci mettiamo in moto con passo deciso, ma anche la nostra dottoressa di ferro deve attendere l'ascensore e vede i genitori e questa maschera di professionalità si scioglie in un sorriso mentre li invita a salutare la loro piccolina e riesce ad avere un'aria assolutamente rassicurante pur non dicendo niente. Talmente rassicurante che li convince a non attaccarsi al culo dell'ambulanza, ma di arrivare pure con calma, che non c'è mica fretta. Per un attimo le ho creduto pure io, almeno finchè le porte dell'ascensore non si sono aperte e loro sono schizzate fuori con il loro carico. Il viaggio di ritorno è stato silenzioso, veloce, accompagnato dal suono delle sirene e dalle imprecazioni a mezza voce della dottoressa.
A quel punto erano le quattro passate, il mio tempo di permanenza in sede era di circa 1,5 ore dall 7 del mattino, ero sfinita e con una magnifica sensazione di sudore asciugato addosso. Pensavo di aver già dato per la giornata ed invece è rientrato il S.U.E.M. 1 ed io ho ripreso il mio posto in equipaggio, che per altro è ripartito subito per l'ennesimo giallo della giornata. Così si è fatta sera tra un'indigestione (sì c'è chi prima mangia con imbuto e vanga e poi chiama il 118), un ubriaco e uno scompenso cardiaco con scenata napoletana inclusa.
Però......però ho riso e fatto battute per la maggior parte della giornata, però i servizi sono stati fatti bene ed io avevo ritrovato la mia concentrazione, sono contenta di aver fatto l'esperienza del culla e ieri sera, se pur sfinita, siamo usciti a cena divertendoci.

Certo tornare a casa e non raccontarle i servizi come ho sempre fatto da che faccio soccorso è stata dura, ma l'ho detto a voce altra, sono stata stretta in un abbraccio che valeva più di mille parole e abbiamo fatto passare anche quel momento.

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